Skip to main content

Landfills, public access to documents, prevailing trade secret

 

Il sig. Križan e altri 43 abitanti della città di Pezinok, insieme al Comune di Pezinok hanno promosso una causa contro l’organo di seconda istanza per la tutela dell’ambiente (cioè l’Inšpekcia, l’Ente slovacco per il controllo dell’ambiente), ritenendo illegittime le decisioni che autorizzano la costruzione e la gestione di una discarica di rifiuti da parte della società Ekologická skládka.

Facciamo un passo indietro per comprendere meglio cosa è successo.

Nel 2006, l'Ufficio urbanistico regionale di Bratislava ha adottato una decisione di assenso urbanistico-edilizio all'insediamento di una discarica di rifiuti in una cava di terra per mattoni, detta “Nová jama” (cava nuova).

Successivamente, l’Inšpekcia ha avviato una procedura di autorizzazione, nell'ambito della quale alcuni privati cittadini, abitanti della città di Pezinok, hanno chiesto che tale decisione venisse pubblicata.

L’Inšpekcia, però, senza prima pubblicare la decisione de quo, ha autorizzato la costruzione e la gestione della discarica.

Da ciò la controversia e i ricorsi sono proseguiti sino a giungere innanzi alla Corte suprema di cassazione della Repubblica slovacca la quale ha proposto una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Ue chiedendole di precisare la portata del diritto del pubblico di partecipare alle procedure di autorizzazione dei progetti aventi un notevole impatto sull'ambiente.

Più precisamente, la domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della Convenzione di Aarhus (accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla giustizia in materia ambientale, 1998), degli articoli 191, paragrafi 1 e 2, TFUE e 267 TFUE, della direttiva 85/337/CEE (VIA) e s.m.i., nonché della direttiva 96/61/CE (IPPC) e s.m.i. Inoltre, si rileva che i ricorrenti nel giudizio a quo hanno fatto valere l’errore di diritto derivante dal fatto che la procedura di autorizzazione integrata sia stata avviata senza disporre della decisione di assenso urbanistico-edilizio all’insediamento della discarica, e poi, dopo che tale decisione sia stata depositata, senza pubblicazione della stessa, per il fatto che avrebbe costituito un segreto commerciale.

LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

La questione è stata risolta dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 15 gennaio 2013 (C-416/10), “Križan e a.”, accogliendo in buona parte le conclusioni dell’AG Kokott del 19 aprile 2012 e con una sostanziale conferma del riconoscimento del diritto di accesso al pubblico interessato alla decisione urbanistico-edilizia sull'insediamento di un impianto con un notevole impatto ambientale, senza che possa valere, per il rifiuto dell’accesso, l’eccezione fondata sulla tutela del segreto commerciale.

La pronuncia si forma sul fatto che la Convenzione di Aarhus prevede che quando viene avviato un processo decisionale in materia ambientale, il pubblico interessato debba potervi partecipare sin dall'inizio, vale a dire dal momento in cui tutte le alternative siano ancora praticabili e tale partecipazione possa avere un'influenza effettiva.

Altresì, in via di principio, il pubblico deve poter consultare gratuitamente tutte le informazioni rilevanti ai fini del processo decisionale e deve poter contestare in sede giurisdizionale la legittimità di qualsiasi decisione adottata al termine di tale processo.

La Corte, nella sentenza in parola, si sofferma anche nell’analisi di taluni interessanti aspetti tecnico-procedurali relativi ai rinvii pregiudiziali, ribadendo innanzitutto che una norma procedurale nazionale non può rimettere in discussione la facoltà dei giudici nazionali di proporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi sull’interpretazione del diritto dell’Unione.

In merito gli eurogiudici affermano chiaramente che, in base all’art. 267 TFUE, il giudice nazionale conserva questa facoltà, anche quando una norma nazionale lo obblighi a conformarsi alla valutazione in diritto espressa dalla corte costituzionale slovacca e dovrà disapplicare gli apprezzamenti formulati da quest'ultimo giudice se questi risultano in contrasto con il diritto dell’Unione.

Proseguendo con l’esame degli altri aspetti della controversia, la Corte chiarisce che la decisione di assenso urbanistico-edilizio all’insediamento della discarica è uno degli elementi su cui si basa la decisione definitiva di autorizzare o meno tale impianto: tale decisione contiene informazioni pertinenti (sull’impatto ambientale del progetto, sulle condizioni imposte al gestore per limitarlo, etc.) ai fini della procedura di autorizzazione alla quale il pubblico interessato deve poter avere accesso ai sensi della convenzione di Aarhus e della direttiva 96/61/CE IPPC.

In merito, la Corte dichiara che il rifiuto di mettere a disposizione del pubblico la decisione di assenso urbanistico-edilizio non può essere giustificato invocando la tutela della riservatezza di determinate informazioni commerciali o industriali: nel caso di specie appare pacifico che la tutela della riservatezza di informazioni siffatte è stata utilizzata, in violazione dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2003/4, per rifiutare al pubblico interessato qualsiasi accesso, anche parziale, alla decisione de quo.

La Corte sottolinea del pari che il pubblico interessato deve disporre di tutte le informazioni pertinenti sin dallo stadio del procedimento amministrativo di primo grado, anteriormente all’adozione di una prima decisione, purché esse siano disponibili alla data in cui si svolge tale fase procedurale.

Ad ogni modo, secondo gli eurogiudici, può essere sanato anche durante l’iter del procedimento amministrativo di secondo grado il rifiuto ingiustificato di mettere a disposizione del pubblico interessato una decisione di assenso urbanistico-edilizio che è stato opposto nel corso del procedimento amministrativo di primo grado, sempre che tutte le alternative siano ancora praticabili e che la regolarizzazione in tale stadio procedurale consenta ancora al pubblico di esercitare un’influenza effettiva sull’esito del processo decisionale.

Continuando, la direttiva IPPC esige che i membri del pubblico interessato abbiano il diritto di chiedere l'adozione di misure provvisorie idonee a prevenire tali inquinamenti (come ad esempio la sospensione temporanea dell’autorizzazione contestata).

In conclusione, poi, la Corte riscontra che la decisione di un giudice nazionale che annulla un’autorizzazione concessa in violazione della direttiva IPPC non è idonea a configurare un’ingiustificata lesione del diritto di proprietà del gestore.

I POSSIBILI IMPATTI PRATICO-OPERATIVI

Anche se alcuni rilievi sembrano valere con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento ha il pregio di chiarire sia taluni interessanti aspetti relativi alla partecipazione del pubblico ad una procedura di autorizzazione ai sensi della direttiva IPPC, sia talune questioni che riguardano l’attuazione del principio di effettività nell’ambito dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali nazionali, con riflessi, più in generale, sugli stessi rinvii pregiudiziali.

Particolarmente interessante, dal punto di vista pratico, si presenta la possibilità riconosciuta dalla Corte di sanare in un momento successivo, nell’ambito del procedimento amministrativo, il diniego di accesso illegittimamente disposto in un primo momento.

READ ARTICLE

Stay up to date

Sign up here for email updates on latest news and resources:
The subscriber's email address.